lunedì 2 settembre 2019

LA PREVENZIONE DEI DISTURBI ALIMENTARI COMINCIA DALL’ASCOLTO

UN CASO DA RACCONTARE

“Mangio quello che mi basta… per vomitare”

Il caso di Giulia è uno di quelli che ricorderò per sempre, per l’intensità delle emozioni che ho provato e per l’impegno che ci abbiamo messo, Giulia ed io, per entrare in contatto e trovare la giusta sintonia; per riuscire a superare gli steccati del pregiudizio e del giudizio; perché Giulia trovasse la forza di guardare il suo problema con il giusto distacco e di chiamarlo per nome: Anoressia nervosa.

PARLIAMONE

Per Giulia è stato sempre molto difficile riuscire a pronunciare il nome della sua malattia. A quasi trent’anni, riconsiderare la possibilità di affrontarla con lo strumento della consapevolezza e del counseling, ha significato per lei guardare non solo l’aspetto clinico dell’anoressia ma le sue diverse facce; i tanti volti, tra persone e situazioni, che l’hanno condotta al suo stato di deperimento psicofisico e, quel che è peggio, al suo disagio esistenziale. Secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), per comprendere profondamente i problemi nutrizionali ed i disturbi alimentari, è necessario maturare e perseguire un approccio multidisciplinare e olistico nei confronti della persona umana poiché la nutrizione è il risultato di una sinergia tra l’aspetto biochimico – fisiologico, l’aspetto cognitivo - comportamentale, l’aspetto clinico e l’aspetto sociopolitico – economico. Un disturbo alimentare come quello che ha interessato Giulia sin dall’adolescenza, va dunque inquadrato innanzitutto come “un caso d’ascolto negato”, che è stato poi dalla società medicalizzato e trasformato in malattia, spostando l’attenzione da Giulia al cibo, ai farmaci che Giulia quotidianamente prendeva e, ai tanto propagandati, rimedi alternativi che provengono da familiari e conoscenti. Ho cercato, durante il tempo della consulenza, di responsabilizzare molto Giulia, riportando il focus su di Lei; facendola sentire importante e al centro del problema che la deprimeva e consumava; stimolandola a cercare in sé e non fuori di sé l’origine di quel trauma chiamato anoressia. Un giorno mi disse: “ A me però piace spezzettare il cibo per timore di strozzarmi e farlo tanto piccolo che poi non lo mangio più perché mi passa la fame”, oppure, “Mangio e sputo nel mio piatto per disgustarmi e poi vomitare”; io le chiesi se, secondo lei, ciò accadesse perché preferiva alcuni cibi ad altri: in tal caso, sarebbe bastato, come fanno i dietisti, togliere quegli alimenti dalla sua dieta e tutto si sarebbe risolto! Giulia, però, si inibì; la prospettiva evolutiva che avevo adottato la turbò perché, anziché essere compatita e deresponsabilizzata, si sentì ascoltata ed interrogata sul bene più prezioso: la sua salute. Questo è anche il punto di vista di Valeria Balboni in Evoluzione ed evoluzionismo. E’ pur vero, come sosteneva Anassagora, che nel cibo esistono dei principi che vengono assorbiti dal corpo umano e usati come componenti "generativi", capaci di dare vita ed energia; ma è di sicuro molto più gratificante sapere che, se la persona è sana, proprio come Giulia, non è portata a soddisfare solo bisogni primari ma a vivere la vita in pienezza.

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Vi do appuntamento a lunedì prossimo per approfondire questo argomento con 5 utili  consigli.

Silvia De Luca counselor
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e-mail: silviajoledeluca@gmail.com
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