lunedì 30 settembre 2019

TI SEI MAI CHIESTO DOVE E QUANDO NASCE LA RELAZIONE GENITORI FIGLI?

UN CASO DA RACCONTARE

“Solo dopo qualche giorno dalla tua nascita, tenendoti tra le braccia, ti accettai e m’innamorai di te. Per tutti i 9 mesi della mia gravidanza, cercai di non pensarti, di vivere la mia vita come se tu non ci fossi e di non parlare di te. Ho vissuto nella paura di dover rivelare ai miei genitori che ero incinta, nonostante tuo padre ti desiderasse ed il nostro fosse un rapporto consolidato. Poi ho capito: non ti volevo perché dovevo sacrificare molto di me e della mia carriera; ed inoltre, eri anche una bambina”
Il caso di oggi può apparire sconvolgente e, per certi versi, lo è. E’ la storia di Maddalena e di Eleonora, sua figlia, una bambina indesiderata, una bambina che per quasi 6 mesi vive ignorata nel grembo materno.

PARLIAMONE

Come è possibile che una bambina viva per 9 lunghi mesi nel limbo del corpo materno, in quella stanza superconfortevole chiamata Utero senza entrare in relazione con chi volontariamente o involontariamente le ha permesso di accedervi? Nulla accade per caso e, anche quando è il caso a far accadere le cose, la Relazione s’impone. Ciò significa che non si può non comunicare! Si comunica con le parole, con i gesti, con carezze e porte sbattute, con le emozioni emerse e con quelle represse. Si comunica attraverso le Sinapsi e si comunica attraverso il silenzio.
Ma se la comunicazione nella vita extrauterina ha in se i suoi canali più o meno efficaci che rendono la nostra vita di relazione più o meno serena ed appagata; vi siete mai chiesti se esiste una relazione nella vita intrauterina e quali canali di comunicazione utilizza? E soprattutto, vi siete mai interrogati sull’istante spazio tempo in cui il contatto cellulare diventa contatto sociale e fa di noi soggetti recettivi? Ebbene, il fenomeno della sintonizzazione degli affetti è presente fin dalla vita intra-uterina del bambino 


Nella storia della complessa relazione tra Eleonora ed i suoi genitori, il rapporto sviluppatosi durante la vita intrauterina tra lei e sua madre attraverso il cordone che le teneva unite, ha condizionato il suo venire al mondo in circostanze insolite e rischiose per la vita di entrambe ma anche il seguito e l’inizio della sua vita nel mondo. Le difficoltà nel riconoscimento del ruolo di figlia, la difficoltà nella comunicazione dei bisogni, la difficoltà nella richiesta d’aiuto tutte le volte che quell’ “utero”, trasformato in società, la faceva sentire rifiutata e …ignorata. La realtà di Eleonora è ben diversa da quella che lei percepisce oggi: i suoi genitori oggi non le fanno mancare amore, conforto, solidarietà e condivisione ma il percorso di affermazione di se e di autodeterminazione che ha fatto con me è stato ed è un percorso di riprogrammazione esistenziale che ha origini lontane. Io e lei abbiamo ricreato le condizioni che un tempo le generarono disagio e dolore in un gioco di ruolo che è riuscito a mobilizzare le emozioni di entrambe, in un’interazione creativa e riprogrammante nella quale Emanuela ha rivestito il ruolo di sua madre ed io il suo.
Il role playing, il gioco di ruolo, è uno strumento esplorativo che mi capita spesso di utilizzare nell’indagine che svolgo sulla situazione attuale del mio Cliente: nel corso delle sue osservazioni cliniche e sociologiche, lo psichiatra austriaco J.L. Moreno mise in pratica questa fondamentale tecnica da lui stesso introdotta e poi utilizzata in diversi ambiti, primo fra tutti lo psicodramma.
E’ stato molto importante per Emanuela drammatizzare, cioè entrare nel ruolo di sua madre e vivere le sue emozioni per cercare di comprendere le motivazioni che potevano essere state alla base del suo modo di relazionarsi con lei ed è stato molto bello per lei, ed anche per me, che interpretavo il ruolo di Maddalena, riconoscere che la difficoltà non era legata ad una mancanza d’amore ma all’incapacità di riconoscersi nel ruolo di mamma e di assistere a quelle trasformazioni psicofisiche che ogni donna subisce con la gravidanza (continua)

Non mancare al prossimo post, quello di lunedì prossimo, in cui troverai consigli utili per imparare ad immedesimarsi e a passare nei panni dell’Altro …
Nel frattempo, puoi riflettere commentare e, soprattutto, farmi domande sul Tema trattato in questo post. Ci servirà a costruire una comunicazione molto efficace!

Silvia De Luca counselor
tel. 370.3098866
e-mail: silviajoledeluca@gmail.com
https://www.kang.it/coaching/psicologia/silvia-counselor

3 commenti:

  1. Mamme si diventa. Non si nasce.
    è volerlo essere, neppure basta.
    Occorre, credo, anche imparare ad esserlo

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    Risposte

    1. silviaDeluca11 ottobre 2019 23:41
      Buonasera e grazie per il Tuo commento.Certamente... MAMME SI DIVENTA; perche' MAMME SI NASCE e tutto cio' che nasce diventa e trova nel divenire il senso di questo nuovo stato e di questa nuova " identita'. Nell'essere diventata madre, Maddalena ha sentito l'inesperienza di un ruolo che dal primo istante era chiamata ad assumere e ad esercitare nel modo migliore: e'in questo "dilemma" che si fonda la Maternita'.
      Grazie :-) e torna a visitarci ancora!

      silviaDeluca


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  2. Buonasera e grazie per il Tuo commento.Certamente... MAMME SI DIVENTA; perche' MAMME SI NASCE e tutto cio' che nasce diventa e trova nel divenire il senso di questo nuovo stato e di questa nuova " identita'. Nell'essere diventata madre, Maddalena ha sentito l'inesperienza di un ruolo che dal primo istante era chiamata ad assumere e ad esercitare nel modo migliore: e'in questo "dilemma" che si fonda la Maternita'.
    Grazie :-) e torna a visitarci ancora!

    silviaDeluca




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