mercoledì 5 febbraio 2020

STEFANIA E IL NUOVO PROGRAMMA

E’ stato davvero un lungo lavoro di riprogrammazione quello di STEFANIA, un lavoro su se stessa ma anche sulla relazione con la madre.

Il lavoro è consistito prima nel mettere in scena il suo disagio esistenziale utilizzando la tecnica del role playing ( fare la parte di qualcuno allo scopo di provare le sue emozioni e di maturare quella distanza critica dai propri atteggiamenti e sentimenti che consente di vedersi in azione nella propria quotidianità) e poi, nel caso specifico, la visione di un film ed il lavoro maieutico di riflessione sui suoi contenuti che ben si addicevano alla storia di Stefania. Nel gioco di ruolo, il nostro obiettivo è stato deprogrammare il comportamento di Stefania al cospetto della madre, ovvero quella sequenza di atteggiamenti e di stati d’animo che la bloccava difronte allo specchio perché nello specchio la visione del suo corpo le riproponeva sistematicamente il confronto con il corpo di sua madre. E’ così che siamo entrate in contatto empatico, Stefania ed io; e mentre io interpretavo “lei”, Stefania ha raccolto tutto il suo coraggio per interpretare “sua madre”. In luogo della sedia vuota che, in casi come questi, serve molto a rappresentare l’interlocutore fisicamente inesistente ma emotivamente dominante (la madre di Stefania); ho collocato sulla nostra scena virtuale uno specchio reale in modo da provare a far venir fuori le parole del disagio ed il disagio attraverso le parole.

Stefania è stata bravissima nel prendere i panni di Cristina mentre io ero lei, la parte fragile, in questa esperienza emozionale così forte e coinvolgente in cui è stato davvero arduo sostenerla fino alla riprogrammazione e cioè fino alla modifica di quelle informazioni disturbanti che erano alla base del suo problema relazionale. Negli adolescenti la plasticità neuronale è spiccata così come la capacità di apportare modifiche al proprio modo di vedere la realtà al punto che il percorso di consapevolezza può essere realmente un percorso di crescita e di adattamento funzionale al raggiungimento di una struttura genetica e psicologica più efficiente.

Così è stato per Stefania, in piena crisi adolescenziale che ha maturato il bisogno di chiamare in causa sua madre in un modo assolutamente creativo e personale.
Dopo una valutazione delle opportunità che il counseling le offriva per raggiungere questo obiettivo, Stefania ha deciso di affrontare sua madre invitandola alla visione di un film di Carlo Verdone dal titolo L’amore è eterno finché dura : in quel momento è iniziata la nuova trama della sua vita, il suo NUOVO PROGRAMMA.

Vi aspetto LUNEDI’ prossimo per la RIPROGRAMMAZIONE di GIULIA nel suo caso da raccontare.

Silvia De Luca counselor
tel. 370.3098866
e-mail: silviajoledeluca@gmail.com
https://www.kang.it/coaching/psicologia/silvia-counselor

martedì 28 gennaio 2020

LA RIPROGRAMMAZIONE DI UNA RAGAZZA ALLO SPECCHIO


Vi ricordate di Stefania
Potete rileggere la sua storia nel link: http://silviadelucacounselor.blogspot.com/search?updated-max=2019-08-26T06:30:00%2B02:00&max-results=7&start=7&by-date=false.

Che dire ad una ragazza di 16 anni che non vuole guardarsi allo specchio perché teme il confronto con l’adulto, soprattutto con sua madre ?
E’ vero che l’ ascolto, quando è attivo, apre le porte della percezione e ci mette in filo diretto con noi stessi e con il nostro racconto interiore ma è anche vero che spesso è necessario aiutare e facilitare questo flusso dando “vita” ad una situazione capace di provocare la crisi ed indurre il cambiamento: una situazione controllata attraverso la relazione d’aiuto ed il rapporto di fiducia che difficilmente un adolescente riesce a stabilire e mantenere.

Ebbene, per cercare di risolvere il suo disagio che stava diventando un bisogno di sopravvivenza, Stefania ha cominciato a guardarsi intorno pur di non guardarsi dentro, nello specchio dell’anima; e ha chiesto consiglio ad adulti provvisori, capitati per caso come un’amica di sua madre. Proprio nel confronto con Emanuela e con i suoi “pseudo problemi”, Stefania ha trovato la chiave di lettura del suo disagio: non riuscire a gestire e disciplinare pensieri e desideri che andavano al di là  del suo corpo e della sua età. Non riuscire a comunicare con adulti in preda a nevrosi da adolescenza prolungata o giovanilismo post adolescenziale.

Figlia di genitori regolarmente coniugati, Stefania vede riflessa nello specchio l’immagine di sua madre che le dice “Voglio vivere adesso” e che due volte a settimana con Emanuela esce e torna tardi la sera, si è fatta un grande tatuaggio sulla spalla e si lamenta fino a litigare aspramente come con una coetanea quando Stefania le chiede attenzione.
E’ una ragazza senza tempo Cristina, la madre di Stefania, così come Emanuela, e mentre il suo papà la chiama Principessa la sua mamma lotta per sentirsi ancora desiderabile fino ad una aberrante competizione con Stefania per la conquista della corona, quasi fosse sua coetanea…
Davanti allo specchio un solo desiderio ha spinto Stefania verso un percorso di RIPROGRAMMAZIONE: riappropriarsi della sua Immagine e farne uno strumento di stabilità e di crescita personale… uno strumento per guardarsi allo specchio senza averne paura.

L’aiuto è consistito nel “mettere in scena” il suo problema in una sorta di gioco di ruolo (role playing) in cui a turno abbiamo provato ad interpretare tutti gli attori di questa vicenda fino a sentirne le ragioni e finanche le emozioni, fino all’immedesimazione, alla comprensione e ad una possibile collocazione.

Vi aspetto Lunedì prossimo per un ulteriore approfondimento sul caso di Stefania.


Silvia De Luca counselor

tel. 370.3098866

e-mail: silviajoledeluca@gmail.com


lunedì 20 gennaio 2020

IL NUOVO PROGRAMMA DI ALBERTO E MARTINA


Dove ci eravamo lasciati ? All’inizio, come alla fine di una storia, resta l’eco delle voci. Il NUOVO PROGRAMMA è come una nuova voce, un nuovo canale attraverso il quale ascoltarsi, dopo aver accettato in modo attivo il cambiamento.
I più sono portati a pensare che quando finisce un amore, finisca anche la storia; nel nostro approccio ai problemi e al disagio correlato; la storia si ridefinisce e i suoi protagonisti conquistano una nuova posizione, un nuovo ruolo proattivo, capace d’influenzare la storia anziché di subirne gli effetti.

Alberto e Martina, durante e dopo la loro separazione, hanno deciso di rimanere vicini nel conflitto ma anche nella gestione del dolore che ha riguardato la loro famiglia; hanno scelto la solidarietà all’egoismo e di ripercorrere le tappe salienti del pezzo di vita fatto insieme non per ricucire un rapporto lacerato ma per crearne uno nuovo, dopo aver scoperto il proprio specifico programma comportamentale, ovvero quell’insieme di atteggiamenti e comportamenti che erano stati  presumibilmente l’origine della crisi.
Siamo abituati da secoli di evoluzione a ritenere che il nostro comportamento sia dettato più da condizionamenti culturali e sociali che da impulsi naturali; che le scelte siano più influenzate da ciò che conosciamo che non da ciò che non conosciamo di noi stessi.

Nella genesi della coppia di Alberto e Martina l’impulso creatore iniziale è stato quello della “fuga” per la conquista della libertà rispetto ad una famiglia patriarcale e condizionante per lo sviluppo della loro personalità: nulla di più giusto e naturale ma anche nulla di più gratificante ed evolutivamente importante, visto che li ha condotti a diventare i genitori di Maddalena. Il seguito della loro storia è stato a fasi alterne quello tipico di un amore postadolescenziale, un amore più centrato su se stessi e sulla propria identificazione che sull’altro e sulla sua persona.
Un percorso di consapevolezza evolutiva, dunque, più che di demolizione regressiva in cui è stato bello riconquistarsi alla luce del presente, anziché perdersi all’ombra del passato; ed è stato bello finanche piangere se le lacrime erano necessarie per una vera e definitiva liberazione.

Oggi Alberto e Martina conducono Maddalena per mano e a guardarli bene nessuno direbbe che sono GENITORI SEPARATI.

Non mancare Lunedì al prossimo post in cui ritroveremo Stefania e il suo conflitto adolescenziale con la madre  in corso di riprogrammazione. Scopriremo in che modo il counseling la sta aiutando ad elaborare un nuovo programma comportamentale nella relazione intima con la sua mamma.
Nel frattempo, puoi riflettere commentare e soprattutto farmi domande sul tema trattato in questo post. Ci servirà a costruire una comunicazione più efficace!

Silvia De Luca counselor
tel. 370.3098866
e-mail: silviajoledeluca@gmail.com

martedì 19 novembre 2019

LA RIPROGRAMMAZIONE DI COPPIA NELL'ERA LIQUIDA



Vi ricordate Alberto e Martina ? Potete rileggere la loro storia nel link: http://silviadelucacounselor.blogspot.com/2019/08/la-crisi-di-coppia-nellera-liquida.html

Il caso di una coppia che ha dovuto affrontare una profonda crisi sentimentale ma che ha poi deciso di esplorarne i motivi, prima di decidere per la separazione.
Perché c’è modo e modo di lasciarsi, c’è modo e modo di dirsi “Addio".
Alberto e Martina hanno scelto di chiudere la loro Storia in modo consapevole e lo hanno fatto pensando al futuro, ben sapendo che in quel futuro ci sarebbe stato molto del loro passato e che la sofferenza di certi momenti sarebbe stata meno feroce se la separazione fosse avvenuta in un percorso condiviso.
Il loro amore è durato diversi anni, né pochi né tanti ma abbastanza per mettere al mondo la loro splendida bambina, la loro ragione di vita.
E’ stato un amore con alti e bassi, come per tutte le coppie; un amore in cerca d’amore che, nonostante la genitorialità, non ha superato la prova della verità; non è riuscito a chiedere, ad ascoltare, ad interpretare i bisogni dell’altro; un amore iniziato per provare ad essere adulti, per provare a farsi una “Famiglia”.

Una storia tra tante ma anche una storia che, sul finire, si è distinta da tante… 
Quando finisce una storia d’amore, l’intreccio dei fatti e dei vissuti personali sembra dissolversi e trasformarsi in frammenti di vita autonoma e, per l’appunto, separati; ma che fine fa la storia, ed i suoi protagonisti? In questo caso: Alberto, Martina e la loro Bambina? Sappiamo quanto la tradizione associ l’amore alla morte, eros a thanatos; e quanto, sia l’uno che l’altra, siano eventi unici e definitivi, per certi versi inattesi e non replicabili. Ogni storia d’amore che nasce, o che muore, porta con sé l’apparente inutilità del passato e l’altrettanto apparente vacuità del futuro, sorprendendo i protagonisti che, quasi sempre, non sono preparati ad affrontare la novità dell’amore che inizia o che finisce. Così per Alberto e Martina, e per la loro storia di INNAMORAMENTO / DISAMORAMENTO, nata in un’epoca fatta di rapporti esperienziali, rapporti “usa e getta” in cui l’esperienza di una notte diventa e viene ricordata come “notte d’amore” al punto da pensare che maggiore è il numero di esperienze accumulate, maggiore sarà la capacità d’amare secondo una diretta consequenzialità: più storie hai, più impari ad amare, più sai amare.
Ma amare , rispetto a morire, significa “desiderare di procreare", di generare anche se, finchè dura, è sempre a rischio di “…consegnarsi in ostaggio al destino” (Francis Bacon)e, dunque, subire la sconfitta morendo il desiderio. 

Ebbene, il percorso che Alberto e Martina hanno scelto di fare su consiglio di una coppia di amici per affrontare il presente, si chiama Riprogrammazione.

Ma che cos’è la riprogrammazione e in che modo Alberto e Martina si sono lasciati “riprogrammare”? Ovvero, come hanno affrontato la scelta riprogrammatica della loro separazione?
Il Counseling della Riprogrammazione è uno strumento a disposizione degli operatori e della società che, ispirandosi metaforicamente al mondo dell’Informatica applicata ai PC, ha come fine il risanamento del disagio esistenziale e delle problematiche della crescita personale nella nostra generazione informatizzata (Mario Papapdia): se programmare, nel linguaggio informatico, significa per l’uomo dare istruzioni ad una macchina per farle eseguire compiti complessi; nel linguaggio consulenziale, programmare significa fornire al consultante una procedura per la risoluzione di un problema basata su una strategia concordata tra il consulente ed il consultante che abbia come fine il raggiungimento dell’obiettivo desiderato, ovvero la risoluzione del problema/disagio portato dal consultante all’attenzione del consulente.
L’intervento di Riprogrammazione che ho svolto su Alberto e Martina è stato un intervento di Mediazione riprogrammatica in cui Alberto e Martina hanno scelto liberamente di separarsi, riprogrammando il loro ruolo in termini di responsabilità e competenze all’interno della “coppia genitoriale”,  imparando innanzitutto ad ascoltarsi.

Vi aspetto Lunedì prossimo per un ulteriore approfondimento ! 


Silvia De Luca counselor
tel. 370.3098866
e-mail: silviajoledeluca@gmail.com


lunedì 11 novembre 2019

RUBRICA "PAROLE IN PILLOLE": I CONSIGLI PER UN BUON ASCOLTO

COME si comunica?

Scegli il momento. Innanzitutto accetta che non sempre puoi essere ascoltata/o: devi accettare che ascoltare ed essere ascoltati  passa attraverso un desiderio e come ogni desiderio nasce al momento giusto e nel contesto giusto (lo stato d’animo, il silenzio, l’ambiente e perfino le percezioni visive acustiche ed olfattive predispongono al vero ascolto!)

Impara ad interrompere gli eccessi. Quando t’imbatti in qualcuno che parla troppo, per evitare d’innervosirti e per aiutarlo ad arrivare alla conclusione del suo discorso; trova il coraggio d’interromperlo con gentilezza in modo che non approfitti del tuo tempo e della tua pazienza

Non interrompere continuamente. Il discorso tra due o più persone ha dei punti fondamentali che aiutano gli  interlocutori a sviluppare le risposte e gli atteggiamenti giusti. Interrompere di continuo ostacola questo processo e mette a dura prova la comunicazione in una coppia, in una famiglia, in una comunità.

Ed inoltre evita di annuire sempre, di riportare continuamente esempi e dettagli e di fare battute fuori luogo

Ed infine non trarre conclusioni affrettate e non ascoltare giudizi che sorgono in te mentre l’altro parla, si narra, si apre.

UNA COMUNICAZIONE EFFICACE VALORIZZA SEMPRE L’ISTANTE IN CUI AVVIENE

Ti aspetto, prossimamente, per parlare della parola BELLEZZA, nel secondo numero della RUBRICA!

Silvia De Luca counselor
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lunedì 4 novembre 2019

RUBRICA "PAROLE IN PILLOLE": ASCOLTO.

“Ascoltare le tue parole mi fa capire tante cose” 
“Se hai bisogno, io sono qui per ascoltarti” 
“ Se mi ascoltassi qualche volta, faresti meno errori” 
“ Ascolta te stesso” 
“Vorrei che per una volta qualcuno mi ascoltasse” 
“Basta! Non ti ascolto più” 
“Non ho bisogno di consigli, solo che mi ascolti” 
“Ascoltami” 
“L’ascolto di quella musica mi riporta indietro nel tempo”
Molti dei nostri problemi nascono, come si capisce da questo elenco di domande relative a casi vissuti e narrati nel corso del lavoro di consulenza, dal fatto che non sappiamo o non vogliamo ascoltare anche quando pretendiamo di comunicare… ma ascoltare è l’inizio della comunicazione e prevede attenzione nei confronti dell’altro. 

Che cosa SI COMUMICA? 

Ascoltare comunica disponibilità, interesse, comprensione, stima, voglia di stare insieme, accudimento dell’altro tanto che nel counseling sentirsi ascoltati dal consulente è già un modo per stare meglio. 
Sapere ascoltare richiede discrezione, pazienza, attenzione e misura. Non interrompere e provare interesse così come dosare i propri interventi. Soprattutto l’ascolto non deve essere distratto, ovvero un ascolto prestato o concesso mentre si è intenti a fare altre cose perché l’ interlocutore potrebbe subirne frustrazione e irritazione: “ Ma mi stai ascoltando ?!” 
Ascoltarsi parlare è diverso dall’ascoltarsi: il primo è l’ascolto narcisistico di chi si autocompiace; il secondo è tipico di chi teme il giudizio degli altri e tenta di autogiudicarsi. Ben diverso è ascoltarsi per entrare in contatto con le proprie emozioni raggiungendo una maggiore consapevolezza: questo è un esercizio utile al raggiungimento dell’equilibrio emotivo di cui avremo modo di parlare. 
Ascoltare il proprio corpo è la forma di ascolto più consapevole, quella che richiede maggiore concentrazione e autocontrollo perché il corpo si fa sentire con disturbi di varia entità che possiamo e dobbiamo percepire nella giusta misura: per alcune persone avere una cefalea è segno di stanchezza, per altre potrebbe essere segno di un tumore al cervello. Sottostimare o sovrastimare un sintomo non serve se non a farci capire che dobbiamo riarmonizzare la comunicazione col nostro corpo.

Ti aspetto, al prossimo appuntamento per alcuni suggerimenti che potrebbero aiutarti a MIGLIORARE LA TUA CAPACITÀ D’ASCOLTO A TUTTI I LIVELLI!

Silvia De Luca counselor
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e-mail: silviajoledeluca@gmail.com

lunedì 28 ottobre 2019

RUBRICA "PAROLE IN PILLOLE" - Presentazione

“Parole in pillole” è una rubrica che periodicamente ti guiderà ad usare le parole nel modo giusto al momento giusto per migliorare la tua comunicazione ed i tuoi rapporti interpersonali. 
E’ chiaro che non si tratta di misurare le parole ma di farne buon uso, d’intessere uno scambio (dialogo) basato approssimativamente per il 40% sul tono della voce, per il 35% sulla gestualità e solo per il 20% sulle parole dette: il “come” ed il “cosa” si dice viaggiano, dunque, su binari paralleli ma la forma sembra avere un potere superiore allo stesso contenuto al punto che , quando diciamo all’altro “Ti voglio bene”, l’altro può percepire dal tono della voce (il come) la sincerità o la disaffezione celata nelle parole (il cosa). 
Un po’ come nel linguaggio musicale in cui parole e musica s’intersecano per dare l’armonia della melodia, allo stesso modo parole e tono di voce ci trasmettono sensazioni e messaggi differenti che finiscono con l’influenzare moltissimo le Relazioni con conseguenze reali sul tipo di rapporti che andiamo a stabilire…proprio come nell’esempio di “Ti voglio bene”. Purtroppo, nel caso della specie Homo Sapiens e quindi nel caso della nostra Umanità, la comunicazione in arrivo è anche fortemente influenzata dai nostri modelli di pensiero e dalla domanda incessante: “Ma cosa voleva dirmi veramente?”; è proprio così che si apre l’ampia gamma delle interpretazioni che ci fa amare, odiare, dubitare, recriminare. 
E non è sempre detto che “parlarne” sia una scelta positiva per il prosieguo della relazione. Perché? Per il semplice fatto che molto dipende da “come si parla” , tanto che a volte è preferibile il silenzio ad un uso improprio delle parole che è capace di provocare malintesi, controversie e purtroppo anche tanta sofferenza generando quelli che si chiamano disturbi della comunicazione. Per comunicare in modo efficace e vero, bisogna cioè comunicare bene e cioè nel modo più adatto al momento e alla situazione che ci si presenta e tenendo sempre presente l’obiettivo che s’intende raggiungere: ecco perché, alle volte, è preferibile il silenzio come forma di comunicazione. A tutti i livelli, quindi, la comunicazione deve essere semplice e nitida ovvero priva di fraintendimenti e ambivalenze: nella coppia, in famiglia, sul lavoro, nella società. Con una parola i può salvare e si può distruggere una qualunque relazione sia individuale che collettiva. Pensiamo ai grandi comunicatori della Storia che hanno usato la comunicazione (forma e contenuti) per indirizzare gli eventi nel bene o nel male. 
Comunicare bene significa implicitamente “comunicare il Bene” e cioè comunicare in modo da creare relazioni autentiche e leali, relazioni che ci fanno stare bene! 
Questa Rubrica nasce dal desiderio di stabilire con voi un filo diretto attraverso la rete sul valore della buona comunicazione che va oltre il significato delle “parole”.

Silvia De Luca counselor
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